Tutte le rivoluzioni partono da un cambiamento di prospettiva, da un modo diverso di vedere le cose, da un cambio di paradigma per dirla con Thomas Kuhn. Anche l’approccio analitico dei colpi del tennis non può prescindere dalla necessità di osservare e dare spiegazioni da un altro angolo visuale.
Non è mia intenzione mettermi in cattedra e spiegare qualcosa, ma solamente parlare della mia esperienza e di come ho modificato l’approccio di analisi al colpo e di conseguenza gli stessi colpi hanno subito dei cambiamenti per i cui miglioramenti esiste a mio giudizio una spiegazione razionale. Chiedo quindi ai lettori di fare un passo indietro, fermarsi, e predisporsi a valutare con mente aperta un approccio diverso.
La mia convinzione, nonché speranza, è che acquisendo una conoscenza consapevole, conscia, e non acquisita esclusivamente con le ripetizioni si possa arrivare a progredire molto più rapidamente di quanto non avvenga con un metodo di esclusivo esercizio ripetitivo.
La tecnica va allenata in modo cosciente in ogni suo singolo aspetto, in ogni parte del colpo, solo questo è il modo per ottimizzare il proprio tempo su un campo da tennis. Si potrebbe obiettare, soprattutto da parte di chi ha un grado di tecnica già avanzato, che quello che si deve fare per colpire una pallina lo si sa già.
Come prima risposta vorrei sottolineare che questo aspetto non è così scontato. Il nostro corpo svolge attività molteplici senza che la parte cosciente del nostro cervello ne sia a conoscenza: le unghie ed i capelli crescono, digeriamo, il cuore batte, respiriamo in modo involontario oltre che volontario. Sono solo pochi esempi che però evidenziano come alcune attività vengono svolte dal nostro corpo in modo completamente indipendente dalla nostra volontà, in più non siamo in grado di dare una dettagliata spiegazione di come avvengono queste attività. Il fatto che il sistema nervoso autonomo svolta queste funzioni dovrebbe farci accendere un campanello. Non è da escludere che ciò avvenga anche per atti volontari, almeno se si fa riferimento alla completezza minuta del gesto.
Potremmo avere una percezione sbagliata e quindi finire con l’allenare un movimento invece di un altro? In fondo non siamo in grado di descrive in modo preciso il movimento di una mano, di un braccio o di una gamba; quali muscoli, nervi e tendini vengono utilizzati e in che modo e con quali tempistiche. Nel tennis sarebbe un grave problema, perché ritroveremmo sicurezza nel colpo sono con l’allenamento, perché siamo in assenza di un sostegno interpretativo razionale e cosciente. In questo caso saremmo veramente in presenza di un problema di testa.
La domanda se sappiamo veramente quello che facciamo non è peregrina. Possono nascere incomprensioni, malintesi e relative difficoltà di spiegazione. Addirittura si potrebbe finire per studiare un fenomeno in modo parziale o troppo semplicistico per riduzione di complessità.
In merito agli studi sul doppio moto pendolare potremmo non essere distanti da questa ipotesi. In fondo dentro una monoposto di formula uno c’è un pilota e se le sue indicazioni non sono pertinenti e inequivocabili gli ingegneri potrebbero essere portati fuori strada.
Intanto come evidenziato negli studi pubblicati su Tennis Warehouse viene applicata una riduzione di complessità del gesto, infatti non viene preso in considerazione il movimento verticale dell’avambraccio racchetta, che in realtà esiste in una prima fase di accelerazione della racchetta sfruttando la forza di gravità, ma solo l’aspetto verticale.
“A forehand in tennis is usually struck with topspin by swinging the racquet upward as well as forward. In order to apply the double pendulum model, we need to ignore vertical motion of the racquet and assume that both the forearm and the racquet swing in a horizontal plane (or perhaps in some other plane inclined to the horizontal).”
Gli studi sul doppio e triplo moto pendolare permettono di analizzare come l’energia viene traferita dal braccio all’avambraccio e infine alla racchetta, nel caso del doppio pendolo viene applicata un’ulteriore riduzione di complessità. Nel momento in cui il pendolo precedente (avambraccio) perde energia questa viene trasferita al pendolo successivo (la racchetta) da qui sulla pallina.
"The theory behind the behavior of a double pendulum has been well documented by Rod Cross [2, 3] and others. Generally, the forearm reaches peak velocity first, then slows. As it slows, it pulls back on the butt end of the racquet, which accelerates the rotation of the racquet. Typically, as the forearm approaches or reaches its minimum velocity, the racquet achieves its maximum velocity. The maximum net swing velocity usually coincides with the maximum racquet velocity about the wrist axis of rotation"
Grafici di Tennis Warehouse University
“A realistic forehand can be modeled by assuming that the couples C1 and C2 remain constant in time. If the wrist remains locked then the forearm and the racquet swing at the same rotational speed at the beginning of the swing, and C2 decreases with time. If C2 remains constant in time then the forearm swings faster than the racquet at the beginning of the stroke, while the racquet swings faster than the forearm toward the end of the stroke. Both types of forehand are relatively common and can be viewed on YouTube and at www.tennisplayer.net.”
Qui e qui trovate gli articoli completi.
Grafici di Tennis Warehouse University |
Nel grafico si vede che la curva blu (avambraccio) decresce e ha un minimo nel momento dell’impatto e quella rossa (racchetta) sale al suo punto di massimo. Si tratta di millisecondi da 0.2 a 0.25. I tempi a 0.17, 0.18 sono il momento in cui le curve si incrociano.
Ora dopo l’ottimo lavoro dei professori di fisica dobbiamo prendere in considerazione alcuni aspetti (come giocatori e insegnanti di tennis) senza cercare di dare niente per scontato.
1. La forze di torsione per muovere la racchetta sono considerate come date, ma al momento della partenza dello swing un tennista può sfruttare la forza di gravità per ridurre la contrazione muscolare e avere un gesto più fluido ed economico. Viviamo in tre dimensioni sulla terra e la forza di gravità è gratis, almeno finché qualche politico non deciderà di tassarla sfruttiamola. Quindi almeno nella prima fase potrebbe avvenire l’opposto: agevoliamo l’accelerazione del braccio e avambraccio grazie all’accelerazione della racchetta.
2. Una volta che lo swing è partito quali sono le nostre intenzioni coscienti? Vogliamo portare la racchetta all’impatto con il polso bloccato o abbiamo in mente di rilasciare energia all’ultimo pendolo del sistema?
3. Sarebbe forse più conveniente tentare di resistere al rilascio di questa energia per essere più accurati nell’impatto e meno fallosi? Si tratta di millisecondi. Siamo sicuri che l’intento di un tennista non sia quello di evitare il rallentamento dell’avambraccio e massima velocità della racchetta? Siamo sicuri che l’impatto efficiente (in precisione e controllo) avviene nell’area in cui le curve si separano o avviene un po’ prima? Non è che forse quando la racchetta raggiunge la massima velocità la pallina è già uscita dalle corde? In questo caso tutta quella velocità sarebbe inutile.
Personalmente mi sono fatto le mie opinioni che esporrò nel tempo. Un’accelerazione che parte dalla racchetta, sfruttando le inerzie basse di movimento raccolto, per allungare il pendolo e aumentare la massa in gioco con avambraccio, braccio e punto di perno alla spalla potrebbe essere un modo complementare ed efficace di giocare. Un’accelerazione iniziale racchetta-braccio invece della muscolare braccio-racchetta in un sistema a tre pendoli potrebbe essere una piccola rivoluzione copernicana in cui si cambia, almeno in parte, il modo di approcciare un’analisi. Di sicuro la nostra consapevolezza di come si può muovere un oggetto per colpire una pallina diventerà maggiore. Lo sport del tennis sembra studiato per fare divulgazione scientifica.
Nel proseguo analizzeremo i vantaggi e gli svantaggi di questi due principali modi di colpire.
Stay tuned.