Lo snap di polso di Steph Curry |
L'uso del polso è un argomento discusso che ha lasciato spazio a definizioni ambigue e interpretazioni vaghe. Anche Andrè Agassi fu coinvolto indirettamente nella questione, quando il tennista americano dichiarò un'intervista: "i hit the the ball on the rise and i play with a lot of wrist" (Inside Tennis, Oct/Nov, 2001).
Il noto maestro Vic Branden sosteneva che in realtà il rilascio del polso avvenisse dopo l'impatto, affinché la sua tesi fosse maggiormente suffragata portava come esempio e prova alcuni fotogrammi di filmati che inquadravano i colpi di dritto di Ilie Nastase. Riguardo a questo giocatore, infatti, Peter Horner sosteneva che “la rotazione della palla fosse il risultato di un accentuato rollio del polso” (M. Papas, Revolutionary Tennis). Ne scaturì una discussione articolata. In cui Vic Branden si faceva sostenitore di una maggiore consistenza, regolarità e potenza dei colpi quando si colpisce con il polso che tende a rimanere fermo.
Facendo quindi riferimento al diritto moderno il polso dovrebbe rimanere nella posizione che assume nel momento della preparazione: quindi a 90 gradi o in iper estensione.
C’è da sottolineare che in merito a questo argomento nessuno ha mai chiesto ad André Agassi cosa intendesse quando ha dichiarato: “gioco con molto polso”. I movimenti del polso infatti sono diversi: c’è l’estensione, la flessione e possono essere considerati movimenti similari la pronazione e la supinazione dell’avambraccio. Questi ultimi non sono tecnicamente movimenti del polso ma lo coinvolgono perché permettono all’avambraccio e alla mano di ruotare in senso orario e antiorario.
Mi capitò di ascoltare alcuni commenti del professor Roberto Lombardi che facevano riferimento all’”intra rotazione” dell’avambraccio nel dritto di Roger Federer. Il polso rimarrebbe fermo ma ci sarebbe la pronazione dell’avambraccio. Forse dovremmo fare pace con noi stessi soprattutto con la fisica la quale, in questo universo, non è trascurabile. Il problema credo sia quindi ancora aperto. Il polso si muove? L’avambraccio ruota? Per rispondere a queste domande dobbiamo andare per esclusione e prendere in considerazione alcuni aspetti fisici e geometrici che entrano in gioco nel momento in cui colpiamo una pallina in questo sport.
Credo che sia da escludere che nel dritto ci sia una flessione del polso all’impatto o prima dell’impatto. Per flessione del polso si intende il piegamento della mano in “avanti” come avviene in un tiro a canestro. Lo “snap” del polso non è un movimento tipico del dritto del tennis. Credo sia evidente a tutti che questo eccesivo piegamento del polso non rientri nella tecnica del dritto e tantomeno nel servizio. Portare il polso in estensione e fletterlo in avanti provocherebbe un aumento del margine di errore dovuto a un movimento repentino che riduce l’ampiezza della circonferenza del nostro braccio racchetta. Nel servizio si insite molto sulla pronazione dell’avambraccio, ed anche se, su qualche campo, si sente ancora parlare di “spezzare il polso”, questo modo di comunicare dovrà essere abbandonato a favore di uno più tecnico in grado di eliminare gli equivoci. Nel servizio si tratta di pronazione dell’avambraccio, la quale, per altro avviene prima dell’impatto favorendo una collisione con l’intera massa del sistema racchetta braccio e il trasferimento del peso del corpo. Utilizzare l’asse di rotazione dell’ultima articolazione disponibile vanificherebbe entrambi i vantaggi.
Rimane da prendere in considerazione, escluso lo snap, la pronazione dell’avambraccio nel colpo del dritto ed anche nel rovescio a due mani. Esiste? Porta con sé reali vantaggi in merito a rotazione, velocità e regolarità? C’è da premettere che trattandosi di articolazioni naturali è difficile riuscire a mantenerle ferme in modo assoluto. Inoltre in dinamica di gioco è possibile che necessità dovute al raggiungimento della palla, alla corsa, alla ricerca dell’equilibrio rendano necessari piccoli aggiustamenti contingenti dell’avambraccio e del polso. Ma qui il nostro intento è quello di valutare se la pronazione nel dritto è un elemento essenziale e connaturato, quindi attivamente ricercato, oppure se è una condizione non fondamentale che avviene in circostanze particolari di gioco.
Ampiezza dello swing e margini d'impatto (cliccare sull'immagine per allargare) |
Inserire il movimento di pronazione o intra rotazione prima dell’impatto ha come conseguenza quella di far entrare in gioco, come nel caso della flessione, un asse di rotazione che si colloca all’incirca a metà mano. Se impugnate qualunque oggetto e ruotate l’avambraccio in pronazione e poi supinazione noterete che la parte esterna dell’oggetto va in un senso e quella alla fine dell’impugnatura in quello opposto. Stiamo utilizzando un asse di rotazione, che nel caso specifico, per convenzione è quello utilizzato dalle aziende costruttrici per calcolare l’inerzia delle racchette. Tale asse si trova a circa cinque centimetri dalla fine del manico della racchetta.
Dovremmo chiederci che tipo di utilità avremmo nell’utilizzare sistematicamente quest’asse? La massa composta dalla racchetta e parte della mano che vanno in senso contrario all’impatto non sarebbero direttamente coinvolte nel colpo, poiché si muoverebbero nel senso opposto rispetto a quello del piatto corde. Come nel caso della flessione inoltre questo movimento ridurrebbe l’ampiezza dello swing ad una circonferenza il cui centro sarebbe nell’asse di rotazione e il raggio avrebbe la lunghezza che va da cinque centimetri dalla fine del manico (circa metà mano) fino alla fine della testa della racchetta.
Il margine di errore salirebbe perché si ridurrebbe lo spazio e il tempo a nostra disposizione per colpire con precisione nel centro del piatto corde e secondo le nostre intenzioni. Anche la tempistica di trasferimento del peso subirebbe una drastica riduzione: saremmo chiamati a un sincronismo di movimenti la cui costanza nel tempo sarebbe veramente difficile da mantenere.
Da punto di vista visivo se osserviamo i giocatori professionisti a velocità naturale è difficile rendersi conto di quello che accade con precisione a causa dell’elevata velocità del loro sistema racchetta braccio e dell’impatto che dura pochi millisecondi. La nostra attenzione potrebbe ricadere sul rilascio finale con pronazione, flessione del polso e del gomito, ma questa fase è una conseguenza del fatto che il braccio non può più avanzare oltre il proprio limite fisiologico e quindi si attivano le articolazioni in chiusura del colpo. L’intenzione però deve essere quella di colpire prima di questa fase in quanto i vantaggi ritengo che siano notevoli:
1. Asse di rotazione più arretrato verso la spalla e maggiore massa all’impatto;
2. Swing più ampio e maggiore spazio per l’accelerazione;
3. Maggiore spazio e tempo a disposizione per l’impatto ideale.
Se infatti colpissimo con un movimento di traslazione, cosa impossibile perché il nostro braccio è attaccato alla spalla. In teoria non avremmo problemi di tempismo all’impatto, perché la pallina ci arriva percorrendo una linea retta (il rimbalzo è escluso per semplicità) e la nostra racchetta percorre la stessa linea retta in senso opposto. Ma se la nostra racchetta compie un arco, come sempre accade, il tempo e lo spazio per l’impatto sono nelle vicinanze del punto di tangenza della retta (percorso della pallina) con l’arco percorso dall’ovale della racchetta, quindi più questo arco è ampio e maggiore è il margine di tolleranza per un impatto ideale. Sarà massimo solo quando anche il movimento dell’ovale sarà una linea retta.
L’intento che dobbiamo perseguire sarà dunque quello di colpire con uno swing più ampio possibile utilizzando l’asse di rotazione vicino alla spalla ed evitando per quanto possibile l’utilizzo in flessione e rotazione delle altre articolazioni. Non è da escludere che il Kid di Las Vegas intendesse proprio questo, considerato che stringere l’impugnatura e cercare di far passare mano e polso oltre l’impatto per allungare il movimento può essere definito un modo di usare il polso.