Il divertimento è funzione dell’apprendimento

Gioco a più gradi di libertà
Se osserviamo gli animali in natura notiamo che sono tutti dediti al gioco. Canidi, felini, orche, uccelli, scimpanzé dedicano tutti molte ore ad attività ludiche. Giocano tra di loro o con oggetti, alcuni giochi, in alcune specie, implicano l’utilizzo di un’oggetto per un’attività specifica. Il gioco è un’attività dispendiosa in termini di calorie ed espone gli animali anche a dei rischi, per esempio quando sono coinvolti completamente a giocare aumentano i pericoli di divenire vittime di predatori. Inoltre le attività di gioco non sono finalizzate ad un obbiettivo immediato. Un gatto che gioca con una pallina non persegue nessuno obbiettivo specifico immediato perché né la pallina, tanto meno un gomitolo di cotone sono una preda di cui cibarsi. Si potrebbe quindi affermare che il gioco è fine a se stesso o quanto meno le finalità sono da individuare a lungo termine. Il cibo ai cuccioli di felino lo porta ancora la madre quindi da questo punto di vista, mentre giocano, sono sollevati dal raggiungimento dell’obiettivo finale, del risultato.

Le funzioni del gioco libero sono molteplici: permettono lo sviluppo motorio, ad apprendere determinate abilità, a instaurare relazioni sociali ma ognuno di questi scopi è collegato in modo indiretto al gioco. Gli scimpanzé, per esempio, sin da piccoli imparano a giocare con dei bastoncini con i quali catturano le termiti, ma riusciranno a affinare la tecnica solo dopo molto tempo, da adulti; all’inizio, da cuccioli, non ottengono risultati. La loro è solo un attività che, attraverso il gioco non orientato al risultato, permette l’acquisizione graduale di capacità che risulteranno utili in futuro.
Il gioco svincolato da un obiettivo immediato gode di un grado di libertà maggiore che, oltre all’acquisizione di abilità, permette di sperimentare nuove soluzioni comportamentali che potrebbero risultare vantaggiose. Presumibilmente tale grado di libertà sarebbe notevolmente ridotto se l’attività fosse orientata al risultato, come per esempio la necessità di catturare una preda. Sperimentare nuovi comportamenti durante la caccia potrebbe risultare controproducente permettendo alla preda di fuggire con l’effetto di rimanere a pancia vuota.

Quando osserviamo i nostri animali domestici, un cane o un gatto, mentre giocano sia da cuccioli che da adulti abbiamo l’impressione che si stiano divertendo. Tale sensazione non è infondata, il loro piacere sembra evidente, esuberante e anche contagioso nei nostri confronti, strappa sempre un sorriso o una risata.

Ora se il gioco non è immediatamente finalizzato all’ottenimento di un risultato la conseguenza logica immediata è che il loro divertimento è una conseguenza del giocare in sé, la cui funzione principale è quella di permettere l’apprendimento di comportamenti e abilità utili in futuro. Il divertimento da questo punto di vista è strettamente correlato all'apprendimento, è funzione dell'apprendimento. Più i nostri amici sono nelle condizioni ambientali e mentali per apprendere e più si divertono. Al contrario un gatto che caccia, da adulto, appare estremamente concentrato, impegnato, determinato e non trasmette una sensazione di divertimento, ma le abilità necessarie sono state acquisite per mezzo del gioco e con piacere.

Non credo che ci siano motivi per pensare che le cose siano molto diverse in ambito umano. Quando i cuccioli della specie Homo sapiens imparano un gioco che sia il calcio, il tennis, il basket, il baseball o la pallavolo è opportuno che il loro processo di apprendimento rimanga il più possibile svincolato dall’ottenimento del risultato. L’obbiettivo della vittoria, l’ottenimento del successo, potrebbe costituire un vincolo non indifferente per il processo di apprendimento che è ancora in corso. Blocca i gradi di libertà e inserisce ansia limitando di conseguenza l’apprendimento stesso.
L’obiettivo viene inconsciamente spostato: non è più imparare ma vincere. Ma siccome per vincere (ottenere il risultato) è necessario imparare il salto del passaggio crea una discontinuità a mio giudizio fatale per il suo miglioramento. È quindi necessario inserire le competizioni in modo graduale, proporzionato e con diverse tipologie di classifiche e premiazioni, in modo che gli ultimi di una classifica possano essere i primi in un'altra. Chi ha vinto il torneo possiede la migliore esecuzione di dritto? Non necessariamente, tale premio potrebbe andare anche all’ultimo arrivato. Il primo arrivato è anche quello atleticamente più preparato? Il più veloce? Il miglior giocatore di rete? Non necessariamente.

Lo scopo principale è quello di cercare di mantenere intatto il processo di apprendimento e di gioco senza inserire variabili che, troppo presto potrebbero condizionarlo. Se tutti i gattini in natura dovessero procacciarsi il cibo senza sperimentare nel gioco le abilità della caccia, senza che la madre gli porti prede ancora vive per esercitarsi, molto probabilmente sul pianeta terra questa specie di gatti sarebbe sulla via veloce dell’estinzione.

Spinale Direttissima. Madonna di Campiglio.
In fondo ci divertiamo perché impariamo e più impariamo più ci divertiamo e se l’obbiettivo è il divertimento saremo psicologicamente più predisposti a imparare. Questo processo virtuoso a feed back positivo permette di crescere tecnicamente in tutte le attività sportive e non dovrebbe essere limitato nel suo sviluppo. Un obbiettivo esterno, come la vittoria o il successo andrebbe inserito, dal punto di vista pedagogico, solo come conseguenza dell’apprendimento e non come fine ultimo. In effetti, a ben guardare, se l’acquisizione tecnica avviene in modo corretto il raggiungimento di un obiettivo esogeno è una conseguenza. Se un felino impara a mimetizzarsi in modo appropriato e a scattare con rapidità e tempismo il raggiungimento della preda può essere addirittura scontato, in determinate circostanze.

Allo stesso modo se un tennista acquisisce, in modo ludico, una tecnica efficacie di esecuzione dei colpi la vittoria della partita o del torneo sarà una conseguenza delle competenze acquisite. Lo stesso si può dire di un calciatore, di un giocatore di basket o di baseball, di un nuotatore o di uno sciatore. Il divertimento è funzione dell’apprendimento e non necessariamente dell’impegno che, se estrapolato da un contesto pedagogico, può risultare addirittura inutile.
Lo sport, qualunque tipo di sport, è sotto questo aspetto un modo per rendere i nostri figli artefici del proprio divertimento, perché il divertimento dipende dalle conoscenze che acquisiamo e quindi da noi stessi. Se impariamo a sciare ad alta velocità sulla Gran Risa questo divertimento sarà nostro, pienamente nostro. Se impariamo a colpire il rovescio incrociato come Roger Federer, anche se con meno costanza atletica, questo divertimento sarò nostro (vi assicuro che si può fare).

Insegnare la cultura del divertimento per apprendimento è un modo semplice per impedire che i nostri figli divengano vulnerabili ai piaceri e ai divertimenti esogeni come le droghe che li rendono dipendenti da chi le sintetizza o di chi le produce. Dipendenti da un fattore esterno a se stessi.
Dopo che mio figlio, a 8 anni, ha imparato la tecnica per sciare sulle piste nere l’ho portato sull’ottovolante del luna park e gli ho chiesto se fosse più divertente sciare sulla “Spinale Direttissima” o andare sull’otto volante. Lui mi ha risposto: “La spinale direttissima”.

Questa pista è una delle più difficili di tutto il comprensorio delle Alpi e si trova a Madonna di Campiglio. La risposta di mio figlio ritengo abbia un valore particolare.

Per divertirsi sull’ottovolante c’è bisogno delle competenze di un ingegnere che lo costruisce. Scendere da un pendio difficoltoso come quello della Spinale Direttissima dipende molto di più dalle proprie capacità acquisite. Rendiamoci indipendenti, artefici del proprio divertimento.

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