Il tennis: misteri e segreti delle racchette

Dell’argomento racchette se ne parla da diverso tempo e recentemente Tony Nadal ha dichiarato che, per ridurre la velocità del gioco, si potrebbe ridurre la lunghezza delle racchette (una 26 pollici da bambini?). Ma andiamo per ordine. Le conclusioni saranno contro intuitive.

Tre sono le caratteristiche dell’attrezzatura che hanno cambiato il gioco nel corso degli anni.

I materiali compositi che hanno sostituito il legno.

La conseguente possibilità di ridurre il peso e allargare il piatto corde.

L’avvento delle corde mono filamento.

Queste tre novità tra loro interdipendenti hanno portato alle caratteristiche di gioco moderno e questo ha coinciso con una concentrazione statistica dei risultati su pochissimi giocatori (a livello Slam 66 titoli sono andati a 3 atleti, Djokovic, Nadal e Federer). Non è diversa la situazione dei Master 1000 dove questi tre atleti hanno fatto incetta di titoli: Novak Djokovic con 40, Rafeal Nadal 38 e Roger Federer 28. Andre Agassi è il più vicino ma staccato a 17 titoli vinti. Giocatori di livello del periodo precedente sono molto più distanti. Qualche esempio dal 1990: Pete Sampras 11, Thomas Mister 9, un ottimo Michael Chang 7 (lo cito non a caso), Jim Curier, Marcelo Rios e Boris Becker sono a 5 titoli vinti equiparabili ai Master 1000.

L’intenzione non è quella di mettere in dubbio i valori degli atleti ma quella di approfondire se il progressivo cambiamento dello strumento di gioco ha in qualche modo favorito la competitività di alcuni atleti diminuendo quella di altri, in base alle caratteristiche fisiche.

Abbiamo evidenziato quali sono stati i tre principali cambiamenti. La prima conseguenza è che il peso è stato ridotto ma riducendo il peso è stata ridotta la pesantezza del pendolo. Questa riduzione della massa venne compensata da un piatto corde più grande e quindi da una maggiore spinta elastica delle corde che si deformano di più ed hanno un maggiore effetto trampolino.

Questo ha dato facilità di gioco a tutti ma nel tennis di alto livello c’era un problema non da poco. La maggiore elasticità portava con sé una maggiore imprecisione di gioco, in quanto il piatto corde si deformava molto per una maggiore spinta ma il rilascio era impreciso, perché l’elastico è più lungo.

L’avvento del mono filo ha risolto il problema in 2 modi: l’elasticità della corda è minore ma le corde scorrono meglio l’una sull’altra con alcune conseguenze:

Una migliore precisione in uscita dal piatto corde.

Maggiori effetti per stringere gli angoli di gioco con il top spin, un aumento dei rimbalzi in altezza anch’esso dovuto alla maggiore rotazione. Uno studio del 2011 ha evidenziato che le corde in mono filamento riescono a imprimere alla pallina fino al 25% di rotazione in più (Rod Cross, Crawford Lindsey, The Physics of Tennis: Which Strings Generate the Most Spin?).

Quindi abbiamo:

Un pendolo molto più leggero, è stato tolto quasi il peso di 2 palline, e di conseguenza un momento angolare minore.

Un piatto più grande che permette di ridurre gli errori di molto.

Delle corde che in elasticità di spinta, per dare controllo con la rotazione, non compensano più la mancanza di pesantezza del pendolo.

Domande: è possibile che questi cambiamenti abbiamo progressivamente ridotto la competitività di certi giocatori i quali fanno sempre più fatica a competere aumentando le probabilità di vittoria di altri in modo tale da favorire la concentrazione di risultati a livello Slam e Master 1000?

E’ possibile che il tennis sia diventato più fisico per questo, implicando una crescita fisica degli atleti che sono diventati mediamente più alti e più robusti?

E’ possibile che i Beppe Merlo, i Michael Chang, gli Schwarzman, i Fognini abbiamo visto le loro probabilità di vittoria ridotte se non a scapito di sforzi fisici di gioco difficilmente sostenibili sul lungo periodo?

Giocando con un pendolo più leggero sono costretti ad andare più veloci con il braccio racchetta per avere lo stesso effetto di collisione.

Per questi motivi ritengo che accorciare la racchetta non sia la soluzione migliore poiché renderebbe il tennis ancora più dispendioso e fisico per tutti e sempre più insostenibile per molti.

Sarebbe preferibile agire sul piatto corde e paradossalmente mettere un peso minimo in modo da costringere i giocatori ad essere più tecnici e meno muscolari nell’azione?

Andiamo per estremi. Se togliessimo le racchette per tutti, se giocassimo a manate, chi riuscirebbe a giocare? Probabilmente qualcuno bello piazzato farebbe qualche dritto, ma pochissimi. Man mano che ridiamo l’attrezzatura vedremo che anche chi ha caratteristiche fisiche diverse riuscirà ad esprimere un gioco.

Una cosa è certa, prima di andare a toccare l’attrezzatura, racchette, palline è opportuno chiederci cosa vogliamo. Il rischio è quello di lasciare il gioco a poche persone adatte a quell’ambiente di gioco, riducendo di fatto la competitività. Come sembra sia accaduto in questi ultimi 20 anni.

Esiste anche un problema di sicurezza, infatti anche tra gli atleti di élite non sono rari gli infortuni ai gomiti, le spalle e i polsi. Gli infortuni dipendono, ovviamente, anche dalla predisposizione fisica degli atleti ma possono essere favoriti anche da un gioco sempre più muscolare, corde meno elastiche, racchette più leggere e rigidità dei telai più elevata.

Djokovic si operò al gomito nel 2018, Nel 2014 Nadal si infortunò al polso destro e rientrò dopo essere stato fermo 3 mesi. Juan Martin del Potro subì anche lui infortuni a entrambi i polsi che lo costrinsero ad operarsi. I dolori al polso di Dominic Thiem e la conseguente operazione ne hanno condizionato il tennis e la competitività spingendolo forse al ritiro. I problemi alla spalla di Daniil Medvedev lo costringono a scendere compromessi con il movimento del servizio. Si potrebbe continuare ma sembra evidente che anche tra i giocatori di livello i problemi alle articolazioni più sollecitate presenti e non poco.

Cosa è successo nello sci alpino: un’attrezzatura più difficile costringe a una migliore tecnica esecutiva.

Un cambiamento forse ancora più rivoluzionario è avvenuto nello sci alpino con l’introduzione della sciancratura degli sci. Sostanzialmente si tratta di una forma particolare dello sci il quale è più largo nella zona della punta e della coda e più stretto al centro. Questo permette allo sci di avere un arco di curva ideale descritto da un raggio. Ci possono essere sci con raggio 14 metri, 18 metri o 20 metri. Gli sci dritti di una volta non hanno un raggio di curva né, quindi, un arco ideale. Questo cambiamento ha consentito a tutti di sciare con sforzo fisico minore e di poter gestire lo sci anche se la tecnica non è eccelsa. Era molto più difficile far girare un paio sci di una volta lunghi 2 metri, rispetto a quelli più e sciancrati di oggi, specialmente tra i pali stretti.

Nelle gare di coppa del mondo si è ritenuto opportuno intervenire con dei regolamenti che limitassero la sciancratura a seconda delle discipline (Speciale, Gigante, Super G). Sostanzialmente gli sci da gara, consentiti dal regolamento, sono un po’ più vicini agli sci classici, non per questo non sono moderni. Nello slalom speciale lo sci è evidentemente moderno ma anche qui c’è un regolamento e ci sono dei limiti di misure e rialzi.

L’intervento aveva un duplice scopo: da un lato la sicurezza degli atleti, dall’altro cercare di far emergere la migliore tecnica. Gli sci sciancrati hanno infatti un rilascio in uscita di curva molto dinamico che può essere difficilmente gestibile ad alte velocità e inoltre aumentano la possibilità di spigolare, condizione per cui lo sci fa presa con la lamina sulla neve e segue il raggio di curva della sua struttura aumentando il rischio di cadute.

E’ inoltre, a mio parere chiaro, che uno sci meno sciancrato e un po’ più lungo, per la sua difficoltà intrinseca implica una tecnica migliore nella gestione della curva. Di fatto non può essere girato di forza o di trazione.

Potrebbe essere possibile anche nel tennis introdurre un regolamento per le competizioni che abbia una duplice finalità: salvaguardare maggiormente la salute degli atleti e stimolare una migliore tecnica esecutiva?

Personalmente credo di sì, ma le racchette dovrebbero essere “più difficili” e non “più facili” imponendo la necessità di “oscillare” in decontrazione (swing) e riducendo la possibilità di agire con trazione muscolare.

I segreti del dritto di Jannik Sinner

Una chiara oscillazione a 1 pendolo. Non c'è uso del polso, non c'è rotazione dell'avambraccio, se non dopo l'impatto. Il punto di rotazione è alla spalla e ogni singolo punto di massa sfrutta il raggio al quadrato (ovale della racchetta compreso). Se si rilascia troppo presto è opportuno sapere che l'oscillazione in doppio pendolo è caotica, pertanto il rischio è perdere precisione e timing. Inoltre il raggio dell'oscillazione diminuisce e il raggio nel momento di inerzia è una variabile al quadrato, pertanto la massa all'impatto dovrà essere moltiplicata per un raggio minore al quadrato. Nel secondo fotogramma si vede chiaramente il follow through dell'intero braccio racchetta con la pallina già fuori dal piatto corde, infatti il braccio è sempre nella stessa posizione.






La mano di Rod e la divulgazione scientifica.

Quando si parla di divulgazione scientifica è opportuno tenere a mente che più è ampio il numero degli individui che si vuole raggiungere e maggiore è la semplificazione che bisogna fare dei concetti da esporre. Questa condizione comporta il rischio di perdere fedeltà e diventare troppo semplicistici. E’ un rischio che è opportuno correre, prestandoci attenzione, perché il vantaggio e l’obiettivo sono quelli di riuscire a stimolare una curiosità che invoglia ad approfondire in altre sedi con maggiore complessità e precisione.
Quando si parla di sistemi complessi e di caos è opportuno fare riferimento a quelle che vengono definite come “le condizioni iniziali sensibili”. Sono variabili che influenzano in modo macroscopico un sistema nella sua evoluzione. Senza entrare nel merito dei sistemi lineari e non lineari, ci sono appunto altre sedi, quello che merita essere evidenziato è che certe variabili in alcuni sistemi ne influenzano l’andamento in modo completamene diverso. Si può definire che tale diversità è un’andamento caotico in quanto diversissimo da quella che è la normalità di sviluppo. La difficoltà risiede nel comprendere quali sono queste variabili e in relazioni a quali sistemi agiscono, è una sfida per le società moderne.
La bellezza dell’allegoria che percorre tutto il romanzo (La mano di Rod. Il tennis e le scienze del caos) risiede proprio qui ed apre molteplici chiavi di lettura sul valore della conoscenza.
Avevo in mente quali potessero essere le variabili che influenzano il “sistema tennista” (mi perdoneranno gli atleti se li tratto in modo asettico) dovevo vedere se ce ne fosse stata una più influente delle altre e se fosse stata abbastanza piccola da poter essere considerata un “effetto farfalla”.
Ho messo insieme alcuni elementi, uno scrittore romano (Tacito), la fisica, un pizzico di genetica e l’evoluzione: tutto assumeva una linearità di una bellezza limpida.
Dovevo scegliere l’effetto farfalla, ovvero quella variabile che, se presente, poteva innescare cambiamenti macroscopici a lungo termine. Ora siccome la massa nel momento di inerzia “sfrutta” il quadrato della distanza dall’asse di rotazione non ho scelto la lunghezza del pendolo, ma l’ultima parte del corpo umano, quella che è la più lontana da ogni asse di rotazione naturale del nostro corpo (spalla, gomito, pronazione, supinazione dell’avambraccio). L’ho messa nel titolo. Il segreto in copertina.
Non me lo sono inventato di sana pianta c’è un approccio scientifico letterario dietro non è lo psicopatico o il mostro di turno dei libri Stephen King. Quando si sveglierà l’editoria editoria dal suo torpore ideologico?

Oscillazioni

Il tennis: misteri e segreti delle racchette

Dell’argomento racchette se ne parla da diverso tempo e recentemente Tony Nadal ha dichiarato che, per ridurre la velocità del gioco, si pot...